accompagno le persone attraverso il lutto perinatale e il lutto

Parole al lutto perinatale (le mie)

Parole al lutto perinatale (le mie)

Sono passati dieci anni da quando ho pubblicato il primo testo sul lutto perinatale.

A quel tempo in pochissimi si occupavano dell’argomento e lo facevano secondo il loro sentire, per come la loro esperienza aveva inciso sulla loro vita e su loro stessi.

È comune che avvenga proprio questo: chi passa attraverso esperienze particolarmente difficili, talvolta decide di mettere a disposizione degli altri quanto ha appreso durante il suo percorso.

Dato che siamo tutti diversi, è facile che la stessa esperienza sia vissuta in modi completamente differenti, e questo è quanto è accaduto a me.

Gli argini tratteggiati dai pionieri non erano adatti al mio sentire, così ho esplorato per conto mio il nuovo mondo in cui mi sono trovata catapultata e ho messo a disposizione la mia prospettiva.

Non si tratta di stabilire chi abbia torto o ragione: non esiste un modo giusto o sbagliato di attraversare il lutto, piuttosto c’è un modo più o meno utile di farlo.

A me è servito chiamare le cose col loro nome, senza passare attraverso edulcorazioni: sono la madre di due figlie morte e tre figli vivi.

Ho espresso la necessità di pronunciare la parola morte, senza averne paura, facendo notare che proprio con quella parola si offre dignità di vita ai bambini pianti, perché solo chi vive, alla fine muore.

Ho contato le persone che intorno a me, e anche un poco più in là, confessavano di aver vissuto un’esperienza di morte pre o perinatale e ho scelto di definire la mia situazione come qualcosa di ‘molto più comune di quanto si dica e si veda‘, nulla di straordinario, niente di speciale.

La morte pre e perinatale è nell’ordinario, nel quotidiano di molte famiglie da sempre.

Il lutto perinatale non è solo un insieme di sentimenti variegati, è una fase della vita. Dura quel che dura, per ognuno un periodo diverso. Così ogni lutto è unico, come unica è ogni persona.

Durante il lutto non mi sono presa cura del dolore, perché ho riconosciuto il dolore come un segnale, non come il lascito delle mie figlie morte a testimonianza del loro passaggio nella mia vita. Non l’ho curato al posto loro e ho faticosamente lavorato per lasciare andare le mie figlie.

Lasciare andare… non dimenticare o rimuovere. Piuttosto accettare la loro morte e, di conseguenza, il fatto che nella mia vita non fossero più presenti. Ho imparato a vivere con la loro assenza, come un fatto né innaturale (perché in natura si muore), né impensabile (perché non rifiuto la morte).

È doloroso, tragico, dirompente, faticoso, eppure si verifica, questo mi è bastato per mettermici di fronte e capire come venirne a capo senza lasciare che la morte delle mie figlie (non le mie figlie, bensì la loro morte) si prendesse anche tutto il resto della mia vita.

L’ho fatto per me, perché io, ad un certo punto, ho scelto di vivere, anche se le mie figlie erano morte e non per i miei figli ancora vivi.

L’ho fatto per me.

Questo forse è l’aspetto più difficile da concepire nella nostra cultura italiana, in cui le madri sono nulla di fronte ai figli: sopravvivere alla morte di un figlio e persino vivere pienamente, felicemente, sembra un tradimento!

Non per me.

Onorare la vita che ho facendone il meglio che posso è quanto si può riassumere in termini di significato dell’elaborazione del mio lutto.

Io non sono più una madre in lutto da tanto tempo.

La mia relazione con l’assenza delle mie figlie (non con loro, perché loro non ci sono) è in continuo divenire, eppure quella fase in cui la vita è sospesa, vengono meno i progetti e la felicità è un miraggio, si è conclusa.

La morte delle mie figlie e il dolore che ho patito, mi ha mostrato la mia umanità: il fatto di essere fallibile, finita, perennemente in cammino, in una dimensione – quella terrena – meravigliosamente eclettica. Sono curiosa di vedere come andrà a finire, voglio esserci, anche nel dolore più acuto, perché – non so bene la ragione – è attraverso la sofferenza che mi svelo. Quindi non la rifiuto, ci affondo e sento come risuona in me.

Oggi mi voglio bene.

Non so dove sto andando, ma so che lo sto facendo con cura. Un giorno alla volta, senza pretendere un controllo che non posso avere, perché sono solo umana.

Da dieci anni porto queste e molte altre parole in giro, sperando che continuando a dirle, giungano fino a chi ne ha bisogno.

E così talvolta accade: le parole arrivano e accolgono chi si trova spaesato, mutano la sua prospettiva, fino a scoprirsi non più solo.


Se oltre a leggere le mie parole desideri parlare con me, scrivimi: erikazerbini.it@gmail.com

In questa pagina trovi il dettaglio di come posso esserti d’aiuto.

Parole al lutto perinatale
Parole al lutto perinatale (le mie)

Parole al lutto perinatale (le mie)

Pubblicato per la prima volta il 20 ottobre 2022

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