accompagno le persone attraverso il lutto perinatale e il lutto

Una cicatrice color arcobaleno

Una cicatrice color arcobaleno

Sono passati tre anni dal mio precedente articolo in cui raccontai della mia Scar pregnancy.

Per chi non lo avesse letto, la Scar pregnancy è una gravidanza impiantata sulla cicatrice di un precedente cesareo. Spesso la gravidanza si interrompe naturalmente per via del suo impianto particolarmente basso, ma quando non succede – come nel mio caso per via delle settimane avanzate – la placenta, per svilupparsi e far crescere il piccolo a lei attaccato, oltrepassa l’utero e fa attaccare i suoi forti capillari a tutto ciò che è vitale. Nel mio caso la vescica e i reni che a quel punto erano già fortemente devastati.

L’unica soluzione è una interruzione di gravidanza attraverso la chemioterapia, che interrompe la formazione di nuove cellule, e in seguito l’aspirazione del materiale rimanente.

Ecco, ho vissuto tutto questo per quattro mesi.

Ho detto addio al mio bambino il 7 agosto 2016 e definitivamente e il 9 dicembre.

L’intervento andò bene, il risveglio un po’ meno, avevo la febbre e il cuore a pezzi.

Una settimana dopo feci un controllo per verificare che fosse andato tutto bene e i medici mi sconsigliarono nuove gravidanze, dandomi persino un appuntamento per decidere quale contraccettivo usare. Declinai l’invito e uscii da quella stanza consapevole delle mie decisioni.

Volevo prendermi cura di me stessa, cercando di tenere la mente libera.

Passai un Natale sottotono, vivo solo grazie alla mia bambina che mi regalava sempre Amore e magia.

Passava il tempo e mentre tutti continuavano le loro vite io ero ancora ferma a quei giorni, a chiedermi perché fosse andata proprio cosi, perché proprio a me, se avessi potuto fare qualcosa di diverso. In tutte le storie di aborti terapeutici che ho sentito il senso di colpa è qualcosa che accomuna tutte le donne ed è terribile pensare che molte vengano lasciate sole a combattere contro i propri mostri interiori.

Quando arrivò la data presunta del parto, il 28 febbraio 2017, piansi come è giusto che fosse, senza provare vergogna nel ricordare il mio bambino mai nato.

Capii comunque presto cosa c’era che non andava. Mi sentivo incompleta, spesso consideravo me stessa una mamma a metà, una mamma non in grado di donare la vita a suo figlio. Io volevo un altro figlio così dopo aver fatto una visita in cui ci dissero che tutto era in salute, io e mio marito decidemmo di tentare di nuovo.

Furono mesi difficili, in cui mi chiedevano in molti cosa avrei fatto se la Scar si fosse ripresentata. In realtà non lo sapevo ma rispondevo che l’avrei affrontata di nuovo. Che altro si può fare?

Il 12 marzo 2018 scoprii di aspettare un bambino, una prima precoce visita mi confermò che era andato tutto bene, l’impianto era avvenuto correttamente e finalmente respirai di nuovo.

Aspettammo il terzo mese per annunciare la gravidanza e tutti furono felici anche se comprensibilmente preoccupati. La più preoccupata di tutti era mia mamma, che mi era stata vicino nei mesi bui e che aveva rischiato di perdere una figlia: capivo benissimo il suo stato d’animo.

Vissi una gravidanza perfetta ma ad ogni visita ero assalita da mille ansie e paranoie.

Durante la prima gravidanza non avevo mai pensato di poter perdere il mio bambino, che qualcosa potesse andare male. Dopo l’aborto tutte le mamme nelle successive gravidanze vengono assalite da mille dubbi, come se essere felici fosse un delitto.

Agnese è nata il 31 ottobre 2018. In un attimo è passata tutta l’ansia che avevo provato per nove mesi. Lei aveva dato di nuovo ossigeno ai miei polmoni, non potevo dimenticare il mio bambino ma potevo essere felice.

Nessun genitore dimentica il proprio bambino mai nato, ognuno lo ricorda a modo suo mettendo foto, ricordi o accendendo candele come me.

In questi anni molte ragazze mi hanno scritto chiedendomi se dopo la Scar avevo avuto il coraggio di tentare di nuovo, come se fossi d’ispirazione. A loro dico che bisogna essere forti quando si perde un figlio, qualunque sia il modo bisogna ancorarsi a tutto ciò che di felice abbiamo nella vita.

Il coraggio di ritentare bisogna trovarlo dentro di sé, senza pensare che quel figlio perduto verrà dimenticato. Nessun figlio può sostituirne un altro, nessuno di loro è meno, anche se uno non è fisicamente con noi possiamo sentire il suo Amore nel desiderio che ci accompagna dopo.

Questo è il messaggio che voglio trasmettere a tutte le mamme dei bimbi mai nati.

Miranda Filippetti

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