accompagno le persone attraverso il lutto perinatale e il lutto

Le parole della Morte

Le parole della Morte

Le persone in lutto si accorgono ben presto che la comunità è impreparata ad accogliere la loro sofferenza.

Si indignano, si arrabbiano, si chiudono per non essere ulteriormente ferite.

La comunità non è preparata ad accogliere la loro sofferenza perché le parole (quindi i pensieri e le immagini) e le azioni intorno alla morte sono incoerenti con l’esperienza dei luttuanti o svuotate del loro significato.

Ci raccontano che fin da tempi molto antichi gli esseri umani abbiano costruito un rapporto con la morte, presumibilmente perché trattasi di un passaggio avvolto nel mistero. È stato l’uomo di Neanderthal a cominciare a seppellire i suoi morti, adagiati in un certo modo.

Da decine di migliaia di anni ci occupiamo di morte e del dolore che porta, eppure la comunità non sa ancora come fare per stare accanto a chi soffre: perché?

La morte è un mistero, dicevo, oggi interpretato come qualcosa da temere: ci raccontano sia stata la paura della morte a spingerci verso certe credenze e rituali, fin dai tempi del Neanderthal. Oppure, ad un certo punto, c’è stato chi ha compreso come la paura fosse un potentissimo mezzo di controllo dei popoli e ha pensato bene di trasformare quel mistero irrisolvibile in qualcosa che dovevamo temere?

Noi abbiamo paura di essere concepiti? Eppure anche quel passaggio è piuttosto misterioso… un mistero difficile (impossibile?) da strumentalizzare, ed ecco che nemmeno ce ne interessiamo.

Come facciamo ad avere paura di qualcosa che facciamo da sempre e che non possiamo evitare di fare? Sarebbe come avere paura di respirare…

Come cambierebbe la morte nel nostro immaginario se ragionassimo sul fatto che il nostro timore potrebbe essere indotto, necessario e utile per qualcuno, sebbene infondato?

Come sappiamo essere concepiti, perché non dovremmo saper morire?

Come sappiamo giungere dall’altrove, perché non dovremmo saperci tornare?

E chi resta? Lei o lui sa come fare? – vi chiederete.

Certo che lo saprebbe, se non fosse infarcita/o di paure e parole incoerenti col senso stesso della nostra esperienza umana.

Noi che siamo umani e finiti per nostra natura, abbiamo in noi quel “sapere come fare senza”. Accade però che fin dalla nascita ci dicano che fare senza sia praticamente impossibile, che quel dolore non sparirà mai, che morire sia innaturale (???), che certe morti siano persino inconcepibili (???) e come possiamo recuperare strumenti che hanno sotterrato così profondamente?

Le persone in lutto che si accorgono di come la comunità sia impreparata ad accogliere la loro sofferenza, hanno anche l’occasione di intuire come la narrazione intorno alla morte sia da riformulare. Possono notare come loro stessi siano impregnati di quella narrazione e come contribuisca a tenerli nella sofferenza che stanno provando.

Cambiando le parole, cambiano anche i pensieri, le immagini e le azioni.

Cambiando le parole con cui descriviamo la morte, cambia anche la nostra idea di morte e le nostre emozioni verso di essa.

Dando alla morte parole coerenti col nostro essere umani e finiti, possiamo ricondurla al suo mistero depurato dalla paura.

Le parole della Morte

Pubblicato per la prima volta il 25 febbraio 2023

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