accompagno le persone attraverso il lutto perinatale e il lutto

Invidiare gli altri durante il lutto

Invidiare gli altri durante il lutto

Durante il periodo del lutto capita di incontrare altre persone e provare per loro invidia.

Nel momento in cui ci accorgiamo di questo sentimento, ci sentiamo in colpa.

Sopportiamo, scappiamo, cerchiamo di spiegare come ci sentiamo, alla fine ci ritroviamo arrabbiati e soli. Ancora soli col nostro dolore, incompresi e disorientati: il lutto ci ha resi peggiori?

È normale, ci dicono alcuni.

Alle persone in lutto capita di provare questi sentimenti, ma poi passa. Passa perché il tempo bla, bla, bla.

Ormai ho capito che quando non si sa dare una spiegazione o una soluzione ad una dinamica, si rimette tutto al tempo e fine.

Anche a me è capitato di ritrovarmi in situazioni come quella descritta sopra: io con la mia pancia vuota e altri genitori felici dell’arrivo dei loro figli, della vita con i loro figli; oppure a lamentarsi di una vita che secondo me stavano sminuendo: loro non potevano immaginare cosa fosse non avere quei figli, come si permettevano di lamentarsi?

Dolore, invidia, rabbia, solitudine, incomprensione, colpa…

Per un po’ è andata avanti così, poi qualcosa è cambiato.

Adesso provo a spiegarti come ho interpretato questo mio sentire e cosa ho fatto per gestirlo.

Cominciamo dall’inquadrare la situazione: il lutto è una fase della vita durante la quale si lavora attivamente e incessantemente per ritrovare l’equilibrio. Vacilliamo perché il nostro mondo si è stravolto dalle fondamenta: ciò in cui confidavamo è venuto meno e non sappiamo da che parte girarci. Il dolore… quella sofferenza atroce viene dalla recisione netta di una relazione fondamentale. Senza quella persona, noi non siamo più noi. Non sappiamo più chi siamo, chi possiamo diventare, se ancora possiamo essere qualcuno.

Trovarmi di fronte ad un genitore con un bambino piccolo, mi riporta a ciò che io non ho.

Quel genitore non è il mio amico o un genitore qualunque: sono io nella versione che non si è materializzata.

Quindi rappresenta la mia possibilità sfumata, mi mostra la profondità della mia ferita, mi richiama tutto ciò che non ho più.

Quel genitore dunque funge da specchio. Io mi specchio nella sua vita e non mi trovo, perché io quella vita non ce l’ho.

Ecco il dolore cocente! Proviene dall’aver realizzato, in versione quadridimensionale, l’entità della mia mutilazione.

A questo punto riconosco quanto la mia mutilazione sia profonda e faccio ciò che ho bisogno che sia fatto: mi prendo cura di me.

La prima persona che può prendersi cura di me, sono io.

Come agisco in pratica?

Mi dico che sono profondamente dispiaciuta per ciò che mi è accaduto. A me è morto un figlio e questo strappo è qualcosa di profondo, potente, gigantesco, che ancora non so come gestire, ma ci sto lavorando.

Poi piango, se mi viene da piangere, finché ce n’é, senza trattenermi.

Il pianto è il più efficace anestetico naturale. Piangere non è segno di debolezza, piuttosto è espressione di cura.

Lenisco la mia ferita con le lacrime, lascio che le tossine escano dal mio corpo e mi permetto di vivere pienamente l’emozione di perdita che si sta palesando.

A questo punto posso sentirmi più disposta a vedere la differenza che c’è fra me e l’altro.

L’altro non è me. L’altro è sé. Con la sua storia e la sua percezione del mondo.

Quella vita che sta vivendo non è la mia e, se anche desidero un bambino come lo ha lui, non è la sua esistenza che voglio, ma la mia, come l’avevo programmata. Quella vita non l’avrò: sto lavorando per integrare questa realtà e per aprirmi ad altre possibilità, cioè sto attraversando il lutto.

Quindi io non invidio nessuno, piuttosto piango la perdita che mi si palesa nella sua potenza attraverso il genitore davanti a me.

Accade che le norme sociali mi impediscano di mostrare liberamente quel pianto, che prende le sembianze dell’invidia.

Ora che mi sono detta rattristata per me, che ho le mie ragioni d’essere sofferente, che sono qui presente per me pronta a prendermi cura di me; ora che ho fatto spazio per la mia ferita che sanguina, le ho restituito presenza e veridicità; ora che ho trovato lo schema che sta dietro alla dinamica, è cambiato qualcosa?

Per me ha fatto la differenza…

Come mi comporto con quel genitore?

Quel genitore ha la sua vita e i suoi schemi a supportare le sue esperienze: innanzitutto non mi aspetto che capisca perché non può. Lui non sa gestire la morte e il lutto (nessuno o quasi sa farlo nella nostra epoca, in questo pezzo di mondo). Inoltre non è importante che capisca come mi sento (ne ho già parlato tante volte): nessuno può davvero capirmi. Quando qualcuno sostiene di farlo in realtà si sta immedesimando in me, quindi sente sé stesso in quelli che crede essere i miei panni. Cioè, c’è lui e la sua percezione della realtà, non ci sono io e il mio sentire.

Ciò che conta è che l’altro accetti ciò che per me è benefico in questo momento, perciò provo a spiegargli come mi sento: lui mi rimanda quanto è grande la voragine della mancanza di mio figlio e questo abisso è ancora troppo spaventoso. Ho bisogno di allontanarmi da quella situazione perché mi provoca sofferenza: si tratta del lutto. Una fase della vita che tutti siamo chiamati ad attraversare prima o poi e che necessita di particolare riguardo e cura. Ciò che può fare è rispettare il mio sentire, avere pazienza e lasciarmi compiere il mio percorso.

Cosa fare quando mi ritrovo di fronte a chi mi fa da specchio?

Prendermi cura della mia ferita anche piangendo. Avere cura di me, io per prima. Dire che ho bisogno di cicatrizzare meglio la mutilazione che ho subito, perché ancora duole. Prendermi il tempo e lo spazio per la convalescenza, senza aspettarmi che capiscano. È importante che accettino quanto ho stabilito sia utile per me in quel momento. E se non dovessero accettarlo, pazienza.

Il lutto è una fase della vita che richiede una partecipazione attiva di chi lo esperisce.

Noi non siamo vittime, siamo gli autori del nostro vivere. Ciò che sentiamo ci racconta una storia, si tratta di interpretare questa storia sulla base degli schemi su cui essa è improntata. Trovati gli schemi, possiamo scegliere di modificarli e riassegnare ruoli e significati.

Ti capita di invidiare gli altri durante il lutto che stai attraversando?

Se desideri approfondire l’argomento con me, scrivimi.

Invidiare gli altri durante il lutto

Invidiare gli altri durante il lutto

Invidiare gli altri durante il lutto

Pubblicato per la prima volta il 17 aprile 2023

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