Il lutto perinatale, da tabù a consapevolezza

Il lutto perinatale, da tabù a consapevolezza

Quattordici anni fa sono approdata nel mondo del lutto perinatale. Era un territorio sconosciuto, silenzioso, invisibile. In libreria non c’era alcun titolo che ne parlasse, online i riferimenti erano pochissimi, e la maggior parte delle persone non ne conosceva neppure il significato.

Si parlava di “rompere il tabù”, perché di questo dolore si parlava poco o nulla. Oggi, fortunatamente, non è più così. La sensibilità è aumentata, le pubblicazioni sono cresciute – soprattutto online – e chi decide di raccontare la propria esperienza non è più solo. La sensibilità è aumentata, così come l’offerta di strumenti – non solo professionali, ma anche relazionali, informativi, esperienziali – che possono aiutare ad affrontare questo tipo di perdita. E questo è un bene, perché non siamo tutti uguali, e abbiamo bisogno di modalità diverse per sentirci accolti.

Eppure… il lutto perinatale è ancora percepito come un tabù. Il senso di solitudine, incomprensione e rabbia resta fortemente presente. La domanda che mi pongo è: siamo forse in una fase di stallo?

Oggi il lutto perinatale non è più invisibile. È vero che questo lutto è un’esperienza difficile, dolorosa – come tante altre, perché non è l’unico grande dolore che la vita può riservare – ma è altrettanto vero che oggi esistono strumenti, possibilità, risorse per essere accompagnati fuori da quel buio. Il punto è: siamo disposti a usarli?

Dopo anni di ascolto e lavoro sul campo, vedo un trend preoccupante: si lamenta la difficoltà, ma ci si ferma lì. Si denuncia la mancanza di comprensione, ma si fa poco per uscire dalla propria condizione. E spesso si cercano soluzioni rapide, poco faticose, “preconfezionate”. Ma il lutto non si risolve con una scorciatoia. È un processo personale, unico, e richiede impegno.

La verità è che oggi non possiamo più dire “non esistono risposte”. Oggi l’offerta c’è. E se decidi di non cercarla, non è perché non esiste: forse, semplicemente, non vuoi muoverti da dove sei.

Ed è una scelta. Una scelta legittima, ma consapevole. Nessuno può essere obbligato a stare bene. Anche stare male, a volte, diventa una nuova identità in cui ci si rifugia. Ma non è più possibile dire che non ci siano strumenti o luoghi in cui essere accolti.

Il lutto è una fase della vita. E se ci resti per sempre, non è perché non ci sia una via d’uscita, ma perché hai scelto – forse inconsapevolmente – di restare lì.

È dura da dire, ma è anche liberatorio saperlo: il potere di cambiamento è nelle tue mani.

Il lutto perinatale, da tabù a consapevolezza

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