accompagno le persone attraverso il lutto perinatale e il lutto

Amniocentesi, si o no?

Superati i 35 anni l’amniocentesi è proposta come un esame di routine.

Tuttavia è un esame invasivo che porta con sé rischi di mortalità del bambino in attesa.

Capita di non soppesare con attenzione la portata di questo esame.

Conosco moltissime mamme che lo hanno eseguito e alla mia domanda:

Perché hai scelto di sottoporti all’amniocentesi?

La loro risposta quasi sempre è stata:

Perchè mi hanno detto di farla e l’ho fatta.

Ma cos’è l’amniocentesi?

L’amniocentesi consiste nel prelievo dall’utero di una piccola quantità di liquido amniotico. L’esame si esegue tra la 15esima settimana e la 18esima settimana di gestazione.

A cosa serve?

Riconoscere anomalie di numero e di struttura dei cromosomi, senza evidenziare patologie genetiche e/o malformative dovute ad altre cause. Le anomalie cromosomiche di numero più frequentemente riscontrate sono la trisomia 21 (Sindrome di Down); la trisomia 18 (Sindrome di Edwards); le anomalie di numero (polisomie) dei cromosomi sessuali (47,XXY; 47,XXX; 47,XYY).

Qual è il rischio di morte fetale?

Dallo 0,5 all’ 1% dei feti sottoposti a tale procedura muoiono per aborto spontaneo.

Si stima che nei centri di eccellenza, cioè dove è possibile trovare personale particolarmente esperto nell’eseguire tale esame, l’incidenza di aborto diminuisca. Resta che non scompare.

Perché eseguire l’amniocentesi?

Normalmente si dice:

Per accertarmi che sia sano.

Ma sarebbe più corretto dire:

Per escludere le poche malattie rilevabili o per cercare alcune specifiche malattie.

Ricevere un referto che esclude le patologie ricercate non significa che il proprio bambino sia perfettamente sano, significa che il proprio figlio non è affetto da quelle poche malattie genetiche considerate.

Digitando Malattie genetiche, Wikipedia presenta un elenco di 276 patologie.

Se capitasse una diagnosi infausta che succederebbe?

Le possibilità sarebbero due:

  • Non si fa nulla.
  • Si interrompe la gravidanza.

Ipotizziamo di non avere le idee chiare e di chiedere il parere del nostro medico. Ipotizziamo che la sua risposta sia la seguente (purtroppo realmente pronunciata):

Signora, da medico non posso che dirle di eseguire la procedura: essa ha solo lo 0,3% di probabilità di morte fetale, praticamente nulla.

Ecco, è qui che vorrei fermarmi un momento.

Sulla parola medico che smette di mettere in relazione rischi/benefici, non aiuta ad avere il quadro d’insieme e si limita a vendere una prestazione sanitaria.

Quindi sullo 0,3%. Significa che 1 bambino su 333 muore (sano o meno) in seguito alla procedura medica. 1 su 333 non è un rischio praticamente nullo, significa piuttosto che una famiglia su 333 non avrà un fiocco attaccato alla porta, bensì una targa di marmo al cimitero.

L’amniocentesi non è un banale prelievo del sangue: è un ago che trafigge la pancia, il sacco amniotico e preleva un campione di liquido. Può accadere che quel foro nel sacco non si rimargini più o che faccia infezione oppure che tutto vada liscio.

Il rischio non è banale e le statistiche lasciano il tempo che trovano, se sei quel qualcuno dalla parte del praticamente nullo.

Se scoprissi che mio figlio è affetto da una di queste patologie, interromperei la gravidanza?

Se capitasse di stare nella percentuale che non ha mai né volto, né nome e abortissi mio figlio a causa dell’amniocentesi?

Queste sono le domande alle quali ogni volta ho cercato di dare risposta e sulla base delle quali ho trovato la mia soluzione all’enigma.

Non c’è alcun giudizio di sorta: ognuno di noi DEVE sentirsi libero di compiere la propria scelta, ma DEVE farlo consapevolmente.

Non può continuare ad avvenire che le pance siano infilzate da aghi solo perché si fa così oppure perché muoiono in pochi.

DEVE esserci una ragione migliore di queste e mi aspetto che il mio medico mi aiuti a trovarla.

Smettiamo di subire le procedure mediche e cominciamo a chiederci a cosa servono e se siano adatte a noi.

Commenta